Pizza: cinque lettere per una ricetta che attraversa secoli e confini con la sua unicità e non accenna a perdere importanza. Ma, per farla davvero buona, ci sono delle regole che il buon pizzaiolo – casalingo o professionale – non deve dimenticare: scopriamole insieme.
Ne conosciamo la data di nascita ma non ha età, nasce in Italia ma è “cittadina del mondo”, è un pasto completo ma i più temerari riescono a farci persino colazione: la pizza è una invenzione culinaria che sfugge a qualsiasi regola. Ma, se su tutte le convenzioni si può essere di larghe vedute, il concetto di “buona pizza” è delimitato da ferrei paletti: per questo www.welovelievito.it, il sito di riferimento per chi ama il nostro ingrediente preferito, ha stilato un vademecum per definirli con attenzione e rigore. E capire dunque se quella che stiamo addentando è effettivamente una pizza “a regola d’arte”.
ASPETTO, FORMA E… BOLLE
Se un libro non si giudica dalla copertina, la pizza invece deve avere in primis un bell’aspetto e una forma tondeggiante: è quello, banalmente ma non troppo, il primo indicatore a cui dobbiamo porre attenzione. Ma anche la cottura fa la sua parte: se la pizza è umida al suo interno, risulta gommosa o pesante al taglio e “non si scoglie in bocca” quando la mastichiamo, meglio farci qualche domanda.
Per essere certi che l’impasto sia lievitato come si deve, poi, prestate attenzione alle “bolle” al suo interno: questi alveoli segnalano la trasformazione da parte del lievito degli zuccheri presenti nell’amido della farina in alcol e anidride carbonica, e devono apparire tondi e non troppo numerosi.
PIZZA DIGERIBILE? TEMPO AL TEMPO
Il pizzaiolo esperto deve anche saper coordinare al meglio i processi di lievitazione e maturazione: l’impasto della pizza, oltre a essere ben lievitato, deve infatti raggiungere la giusta maturazione. Solo dando tempo agli enzimi questi ultimi potranno scomporre amidi e glutine in elementi più semplici, rendendo perciò più digeribile la pizza.
Infine, il sale: tutti amiamo un trancio saporito, ma abbondare con questo ingrediente – specie quando la farcitura prescelta è già sapida in partenza – può portare nel giro di qualche ora a sete e ritenzione idrica, che a sua volta causerà gonfiori e malessere. Una condizione di cui troppo spesso si ritiene responsabile il lievito, che invece “muore” all’inizio della cottura in forno, alla temperatura di 50-60°C.
Insomma: tanti fattori decisivi per un risultato che deve far onore a una vera e propria eccellenza italiana. Con cui potrete cimentarvi anche voi, per una piacevole serata casalinga, con la preziosa collaborazione del cubetto giallo Lievital!